venerdì 19 aprile 2024

Padre Gostoli: 50 anni d'Africa

Moroto 19 luglio 2007

Padre Gostoli: 50 anni d'Africa
Siamo ad un’altitudine di oltre mille metri qui a Moroto, nella parte ovest dell’Uganda. “I karamojong sono il popolo più povero del mondo” è quel che ci dice Padre Gostoli, ottantatre anni, cinquanta dei quali in Africa, compiuti lo scorso anno, nel 2006. Si rivolge a noi “carissimi amici, cari volontari - riprende - qui siamo ai tempi di Abramo”.
E’ comboniano Padre Gostoli, come tanti missionari che qui hanno dedicato gran parte della loro vita. Ed è con lui che andremo questa mattina in visita al dispensario di Kidepo, a pochi chilometri dal nostro centro. Arriva presto, sono le 7,30. Usciamo e lo vediamo salire sulla sua jeep e ci fa segno di seguirlo. Corre davanti a noi. La strada è sterrata, come tutte o quasi da queste parti. Si leva davanti a noi una polvere rossa che inevitabilmente respiriamo. Come ogni giorno. E’ nell’aria, vola. E procura un po di tosse a qualcuno di noi. Niente di preoccupante. E’ forse consigliabile bere qualche bottiglietta d’acqua in più.
Ogni tanto Padre Gostoli ferma la sua jeep per aiutare alcuni bambini, alcune donne che trova per strada con dei carichi di acqua, con dei sacchi. Pesantissimi per loro, ma lo fanno tutti i giorni. Tocca a loro i lavori più gravosi, alle donne e ai bambini. Questi ultimi portano spesso anche gli animali. Se ne stanno fuori dalla mattina alla sera, senza mangiare, senza bere. Padre Gostoli da loro un passaggio, in una sorta di autostop.
Ai piccoli da anche, qualche volta, alcune tam tam, caramelle. Gli uomini invece li trovi frequentemente sotto le piante, al fresco, in gruppi di cinque, sei, sette o più, comodamente distesi con la testa sul loro ekichalò. Altri lo usano per sedersi sopra. E’ un piccolo aggeggio in legno, tipico di qua, che portano sempre con sé. Gli uomini non fanno nulla. Donne e bambini fanno anche per loro.

Giungiamo al dispensario di Kidepo. All’interno prestano servizio quattro infermiere ed è gestito dalle suore. Ha funzioni di assistenza medica ed è inserito in un ambiente di ricca vegetazione. Sono coltivazioni di sorgo e di mais, ma anche di bietole, zucchine, melanzane, pomodori, limoni, aranci. A testimonianza che l’acqua fa veramente la differenza. Insieme alle persone. Quelle come Padre Gostoli che ha dato voce ad un popolo dimenticato, che ha dato la speranza di una vita migliore. Che ha dato la speranza di una vita. Il centro è costituito da alcuni capannoni in pannelli di polistirolo, con un’anima di acciaio che li tiene insieme. Senza bisogno di scavi per le fondamenta ed è un’azienda italiana che li ha forniti, ci spiega. Andiamo con lui ad un villaggio lì di Kidepo, adiacente il dispensario. Arriviamo e si fanno incontro alcuni karimojong. Lui li saluta, li chiama tutti per nome, uno per uno. Li conosce tutti. Va a trovarli di tanto in tanto e, quando c’è bisogno, porta loro viveri, oppure indumenti e altre cose necessarie.
La struttura del villaggio è molto bella. Una sorta di staccionata corre tutt’attorno le capanne e le divide per gruppi familiari. Solo rami e cortecce intrecciate, ben messe, curate. Ogni capanna è destinata ai vari componenti della famiglia. C’è la capanna dei genitori, quella dei figli, quella comune per varie funzioni. La staccionata disegna un percorso che porta ai vari gruppi di capanne. All’interno di una scorgo poggiata a terra, al centro, una grossa pietra. Serve per frantumare il mais o il sorgo, sfregandolo con un’altra pietra che si tiene in mano. Esce una sorta di farina che fatta bollire nell’acqua produce il posho, una specie di polenta. I passaggi per entrare nel villaggio, ma anche nelle capanne, sono piccoli e molto bassi, un metro, forse meno. Per essere più protetti dagli attacchi. Un’altra costruzione sempre in rami e corteccia, fatta a cono capovolto e tenuta sollevata da terra, tipo palafitta, è destinata a contenere viveri, provviste. Funge da dispensa. Usciamo da questo villaggio, salutiamo e ringraziamo per l’ospitalità, e rientriamo a Moroto.

Facciamo prima tappa presso un pozzo d’acqua che Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo ha installato solo qualche mese fa. Sorge in corrispondenza di una durkoit, un’acacia selvaggia. E’ una pianta, dice Padre Gostoli, che non tradisce mai. Cresce sempre in corrispondenza di acqua. Li si può perforare ed è certo che si troverà acqua, che si potrà montare un pozzo.
Siamo in una zona chiamata Ekitela kekuam, piana del vento. Un ambiente unico, meraviglioso. Rientriamo al centro. Per il pomeriggio era prevista un’escursione al Monte Moroto, che faremo più avanti, causa l’indisposizione di qualcuno di noi. Oggi si può così riposare. Chi lo desidera.
Io e Nicolò decidiamo invece di rimanere in movimento. Un giro a Moroto? una passeggiata nei dintorni? No, una partita di calcio. Con tanto di arbitro e squadre con undici giocatori.
Io da una parte, Nicolò dall’altra. Tutto regolare. Anche il risultato: 7 a 1. Per chi? Non lo dico, non è carino…

©Roberto Roby Rossi

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