"Devo
partire, devo andare..."
un ritornello che ricorre in me.
Lo faccio quando mi sento libero, da me, dagli altri, da tutto. Serve sentirsi così, ogni tanto, spesso possibilmente. Libero. Momenti in cui la mente va, parte anticipando il corpo, per ritrovarsi là, dove stare un pò, con se stessi. E con chi già è là. Con chi troverai e dividerai una parola, una passeggiata, una birra, uno sguardo, un sorriso. Liberi dalle oppressioni, dai pensieri, dalle gabbie.
Trovo
che viaggiare è come una cospirazione di percezione e fantasia… ma
questo devo averlo già letto da qualche parte. Ma vabbè, me lo
faccio mio.
Dentro
di noi portiamo le meraviglie che cerchiamo al di fuori di noi, affermava Sir Thomas Browne in l’Africa e i suoi prodigi, e dentro di me c'è molta Africa, l'Africa nera. Credo che dentro di me porto quelle meraviglie di cui vado in cerca, come scriveva Browne. E', in fondo, la ricerca di sè stessi, di ciò che abbiamo di grande, ma che non spesso ignoriamo. Un vero spreco. Si, perchè quando il mondo sembra destinato ad esaurirsi, i nostri
viaggi sono la salvezza, e se vogliamo, non si esauriranno mai.
“I lidi più lontani – ho letto da qualche parte – sono dentro la persona addormentata al nostro fianco”. Viaggiare è mettere la sveglia a quel sonno, a quelle abitudini che meccanizzano la nostra vita, che la svuotano di ogni senso. Ecco perché trovo assai saggio sfidare il noto e andare verso l’ignoto. Perché tiene agile la mente, uccide il pregiudizio e incoraggia l’ottimismo. E sul grugno fa vincere il sorriso.
Gli
aborigeni australiani sono coloro che si liberano del passato e
vivono l’oggi per il domani, i monaci buddisti sono spesso
vagabondi perché credono nella necessità di rimanere svegli. Gli
iconoclasti credono nella propria strada, senza
preconfezioni, senza preparati.
Ed
è così che mi sento un po’ aborigeno, un pò monaco buddista, un
po’ iconoclasta.
E se viaggiare è un pò come amare, è perché sperimentiamo uno stato di accresciuta consapevolezza, quello dentro il quale siamo attenti, ricettivi, pronti a farci trasformare.
Ed è per questo che i grandi viaggi, come le grandi storie d’amore, non hanno mai la parola “fine”.
©Roberto Roby Rossi