martedì 3 dicembre 2024
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Censura di casa nostra

“Sei di Piacenza se…” censura Stefano Torre

Censura di casa nostra
“Questo telegiornale andrà in onda in forma ridotta per venire incontro alle vostre capacità mentali” spiegava Daniele Luttazzi, uno dei tanti censurati dal nostro sistema. 
Un sistema che eliminava gente di cultura, e proprio perché di cultura, scomoda. 
L’highlander Silvio sentenziava, un bel giorno del 2001, che “L'uso che Biagi… e di… come si chiama quell'altro? Santoro… e l'altro? si, Luttazzi… hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso e io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga”, il noto editto bulgaro. Poco dopo il suo Satyricon venne sospeso, come anche Santoro e Biagi, eccellenti giornalisti sgraditi al potere. 

Che dire quindi della censura caduta su Stefano Torre, candidato Sindaco al Comune di Bettola che, grazie ad una rivoluzionaria campagna elettorale e ad un programma altrettanto rivoluzionario, si è meritato l’interesse dell’Ansa e delle testate nazionali ed estere? 
E che dire se la censura arriva proprio, badaben badaben badaben, su quello strumento che rappresenta la più libera forma di comunicazione esistente al mondo? E che dire ancora se quella censura è operata da un gruppo che si apre alla vita e alla società piacentina, intendendo valorizzare le eccellenze del territorio, la storia e la cultura, gli eventi, i personaggi, le curiosità? 
Beh certo, sarebbe da chiedere a loro, a quelli di “Sei di Piacenza se…”, ai suoi amministratori Laura Ferrero, Riccardo Scaravella, GianPaolo Bottassi, Patrizia Pietro Maffi, Luca Sigismondi i quali, sicuramente, avranno affrontato il tedioso problema “Stefano Torre”, decidendo dopo lungo e sofferto confronto di censurarlo, come capitò a Luttazzi, a Biagi, a Santoro e a tantissimi altri. 

Risponderanno che altro non hanno fatto che applicare quanto ben descritto nel regolamento interno al gruppo e che recita che “è accettata la discussione politica, solo se di carattere apartitico e non propagandistico, e solo se portata avanti con toni civili e senza insulti”, trattandosi di post di evidente propaganda politica. 
Che invece non è. A meno che non ci si alzi al mattino e si vedono volare asini, allora in quel caso si, è propaganda politica quella di Stefano Torre. Per chi invece si alza al mattino, doccia, tè o cappuccino o caffèlatte con brioche o biscotti o fette biscottate, vestizione e inizio giornata lavorativa, senza minimamente scorgere alcun asino volante sopra la sua testa, allora no, quella di Stefano Torre non è propaganda politica. 
Si tratta invece - e lo ha intuito addirittura l’Ansa - di una boutade efficacemente spiritosa e simpatica, di uno sketch satirico che evidenzia e sdrammatizza una delle piaghe della società moderna, quella che produce guerre e povertà, quella che lancia missili e che crea finti nemici, quella che si chiama politica. 
Ed anziché dare enfasi a questo “impegno sociale” di Stefano Torre, “Sei di Piacenza se…” pensa bene di censurarlo, perché il pericolo è che venga preso sul serio questo Stefano Torre, perché “provoca confusione…”, quella confusione mentale che si insinua se, alzando la testa, vedessimo stormi di asini beatamente svolazzare sopra di noi. 

E così, come i più irriducibili fautori della censura, anche “Sei di Piacenza se…” dimostra che non si può ridere di argomenti così nobili (come se la politica italiana lo fosse), e che se è vero che la libertà di espressione è sacra, lo è, ma non per tutti. Il Male nei primi anni ’80 ci aveva già dato questo segnale, Frigidaire appena dopo. Accettare la bontà di uno strumento come la censura può portare solamente ad ammettere che sì, la libertà di espressione dell’individuo "può e deve essere limitata". 
Tuttavia questo approccio miope non può che portare alla censura prossima ventura di qualsiasi tipo di pensiero non conforme alle regole che qualcuno più potente di noi stabilirà un giorno. 
La storia insegna, anche quella molto recente, di questi giorni, e dalla Turchia rimbalza fino a Parigi, in quei giorni durante i quali eravamo tutti Charlie Hebdo
Non perché conoscessimo Charlie Hebdo, ma solo perché nell’attentato terroristico erano state spezzate le vite e le matite dei vignettisti blasfemi a colpi di AK47. Quello che sfugge credo sia proprio questo, che ogni minimo gesto che odora di censura odora anche di morte. Perché uccide la libertà di ogni individuo. 

Roberto Roby Rossi
@riproduzione vietatissima

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