Nairobi - a colloquio con l’Ambasciatore
da Andrea Magistrati presso l'Ambasciata italiana
Lo sento al telefono solo ieri, Andrea Magistrati, l’ambasciatore italiano del Kenya, e già oggi mi riceve.
Dimostra così, da subito, una grande disponibilità confermata, in seguito, anche durante l’ora di colloquio presso il suo ufficio. E’ venerdì 25 luglio, con me Nicolò e Edmond, direttore di Grapes Yard.
La sede dell’ambasciata è nel centro di Nairobi, all’interno di un grande palazzo supersorvegliato. Controllo all’ingresso con personale di guardia dotato di metal detector, passaporto che viene trattenuto in cambio di un pass che serve per superare un passaggio, ovviamente anch’esso controllato.
Quarto piano, anticamera di un quarto d’ora circa, poi è lo stesso Magistrati a venirci incontro per riceverci ed accompagnarci nel suo ufficio. Un corporuto sessantenne campano, con il quale è facile sentirsi subito a proprio agio. Cordiale e piacevole, ci fa accomodare su poltrone in pelle nera, attorno ad un tavolino in vetro.
Gli chiedo subito di tracciarmi un profilo del suo impatto con la realtà locale e così esordisce: “Venivo da un’esperienza in Mogadiscio, nei primi anni ’70 – ci dice - per un compito istituzionale che ricoprivo e ho conosciuto, a quel tempo, Nairobi come cittadina di 400mila abitanti. Me la sono ritrovata un anno fa con oltre 4 milioni e mezzo. Non esistevano gli slum, come non esisteva questo grande divario tra ricchi e poveri che continua purtroppo ad aumentare, con conseguenti problemi di carattere sanitario, di occupazione, educazione, sicurezza”.
La chiacchierata scorre veloce, alle domande poste fanno eco risposte chiare e concrete. Magistrati rappresenta l’ambasciata italiana non solo del Kenya, ma anche dell’Etiopia e della Tanzania.
“Per svolgere egregiamente questo compito – riprende il nostro interlocutore – mi trovo costretto a frequenti spostamenti”. E’ solo da un paio d’anni qui a Nairobi, ma già ha conosciuto ed affrontato le problematiche prime di questo popolo. “Riguardano indubbiamente la povertà – precisa – e tutto quello che ne consegue”.
Parla di criminalità, di generale precarietà, di malattie, di fame. E’ molto chiaro nella presentazione dei fatti, molto concreto nell’esposizione della realtà.
“Non serve illudersi – continua Magistrati – serve soprattutto lavorare, perchè sul piano diplomatico c’è tanto da fare ed un passo importante l’abbiamo compiuto con l’azzeramento del debito pubblico che questo paese aveva nei confronti dell’Italia”.
Si sofferma e dettaglia questo obiettivo raggiunto, parlandone con evidente orgoglio. “L’impegno da parte del governo keniota – specifica l’ambasciatore – consiste nel distribuire in 10 anni i 45 milioni di euro che è la somma che l’Italia avanzava come credito, appunto, nei confronti del Kenya”.
Andranno a favore di quei progetti di sviluppo e di sostegno alla popolazione, promosse da quelle associazioni ed organizzazioni che operano sul posto.
“In particolare progetti riguardanti settori fondamentali della vita – precisa Magistrati - la sanità, l’educazione, l’acqua e il risanamento degli slum e devo dire che il primo anno ha dato ottimi risultati”.
Ne parla con entusiasmo, si vede che ci crede. “E’ un motivo di grande soddisfazione – continua – anche perché l’Italia è il primo paese ad avere assunto questa posizione, dimostrando notevole senso di partecipazione e di coinvolgimento alle problematiche di questo paese”.
Ci parla poi dell’importante intervento di Padre Zanotelli, uomo che si è adoperato in modo determinante per il raggiungimento di questo obiettivo. Padre Zanotelli opera qui in Kenya da anni ed è nota a tutti la sua importante attività svolta qui. Il tempo scorre veloce, l’intervista è ripresa da una nostra telecamera davanti la quale l’ambasciatore si muove e parla con particolare disinvoltura.
Parla dei disordini post elettorali, denunciando il serio rischio corso da questo paese e tradendo la preoccupazione sofferta in quell’occasione.
“Fortunatamente se ne è usciti – conclude Magistrati - con questa grande coalizione, questo governo che è poi un modello per l’Africa; vedremo se avrà continuità oppure no, quel che è certo è che si è scampato il rischio di una pericolosa guerriglia che stava riportando a galla antiche problematiche, apparentemente superate”.
Fa riferimento, l’ambasciatore, alle diatribe di carattere etnico e di tribalismo, che hanno portato nelle piazze scontri e disordini, con morti e numerosi feriti.
“Con tutto ciò il Kenya rimane comunque un paese meraviglioso, con ampie possibilità di crescita e di sviluppo”, conclude l’ambasciatore.
Lo crediamo anche noi, gli diciamo, ma c’è tanto da fare e, soprattutto, lo si deve volere. E lo si deve volere ai piani alti, quelli occupati dai grandi potenti del mondo.
Quei poteri che decidono le sorti dei popoli, quei poteri che decidono, ora, di mantenere fermo questo stato di cose.
©Roberto Roby Rossi
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